Negli ultimi anni, si parla sempre di più del fenomeno femminicidio. Quando si utilizza questo vocabolo, non si intende semplicemente l’uccisione di una donna. Ci si riferisce a “qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte”.

Le statistiche

Nel 2006, in Europa, vi sono stati 3413 casi di donne morte in conseguenza della violenza domestica subita. Di questi, 1409 erano donne uccise dai partner o ex partner violenti (femminicidio). Gli altri 1010 casi erano le donne che avevano scelto il suicidio a seguito della violenza domestica subita.
Inoltre 536 uomini, dopo aver ucciso la donna su cui avevano esercitato violenza, si erano uccisi.
La tematica, nel corso degli anni, ha interessato sempre di più i fatti di cronaca. I femminicidi infatti sono in allarmante aumento.
Se nel 2006 avevamo una percentuale del 55% di femminicidi sugli omicidi di donne, nel 2010 il dato era salito all’84%.

Nonostante l’attenzione costante dei media sul problema, in italia il 70% delle vittime di femminicidio era già nota per avere contattato le forze dell’ordine, denunciato o essersi rivolta ai servizi sociali. Le ricerche criminologiche dimostrano che su 10 casi di femminicidio, sette sono generalmente preceduti da altre forme di violenza nelle relazioni di intimità. Le forme di violenza che precedono l’atto finale dell’omicidio possono essere di natura economica, psicologica o fisica.

Un fenomeno in crescita a cui si risponde sempre troppo tardi

Ma quali sono le motivazioni per le quali questo fenomeno avviene ed è in crescita nella nostra società? E come rispondono le nostre istituzioni?

La causa sociale della violenza viene attribuita alla tendenza maschile a non considerare le donne come individui indipendenti e con il diritto di autodeterminarsi, ma come cosa propria. L’aumento di casi di violenza e femminicidio viene spesso associato al fatto che in questo momento stiamo vivendo una fase di mutamento dell’identità femminile. L’emancipazione femminile verrebbe quindi vissuta dagli uomini come una minaccia alla propria virilità o al proprio diritto al dominio sessista.
Inoltre, le istituzioni rispondono, spesso, tardivamente o inadeguatamente alle denunce di violenza domestica da parte delle vittime. Una denuncia difficile da fare a causa del concreto rischio di un aumento di maltrattamenti in condizioni di terrore. Si dovrebbe essere quindi più rapidi nella risposta e garantire maggior protezione fin dalla prima denuncia della donna. Si dovrebbero poi dedicare maggiori risorse alla costituzione di aree per l’ascolto delle donne, per l’indagine e per la protezione (centri antiviolenza).

Da dove nasce la violenza

Da un punto di vista psicologico, bisogna dare peso ai segnali di allarme e quindi, nei limiti del possibile, riuscire a prevenire gli atti di violenza. Ogni volta che un uomo è violento, la violenza nasce da un sentimento di fragilità, considerata inaccettabile, alla quale egli cerca di resistere picchiando. La violenza diventa spesso il tentativo di controllare la depressione, derivata da sentimenti di umiliazione inaccettabili. Inoltre, si rintraccia un fattore riconducibile all’ambiente psicologico in cui si è cresciuti durante l’infanzia. Spesso i violenti, sono cresciuti proprio in ambienti violenti. Umiliati e maltrattati dalle figure di riferimento, solitamente i genitori, queste persone tendono a rimettere in atto le stesse tipologie di comportamento violento. Questo avviene poichè costituiscono l’unico modo conosciuto per rapportarsi all’interno delle relazioni intime.
Già tra la fine degli anni ’80 e metà degli anni ’90, si cominciava a parlare di trasferimento transgenerazionale della violenza. Se un bambino assiste a violenza sistematica da parte di un genitore verso l’altro oppure verso un fratello o se essi stessi subiscono violenza, con maggiore facilità utilizzeranno la violenza quando si troveranno in condizioni di stress (Straus, 1998).

Chi sono gli uomini violenti

I crimini da violenza sono, al 90%, compiuti dagli uomini. Solo una piccola percentuale della totalità di loro però è violenta. Infatti, l’80% dei maschi non sono violenti, il 12% è violento ogni tanto e l’8% è violento sempre. Prendendo in considerazione solo la percentuale violenta degli uomini, si riscontra che i disturbi di personalità hanno un’incidenza rilevante tra gli assalitori (80-90%). Edwards et al (2003) hanno dimostrato che vi è un’alta percentuale di disturbi antisociali e borderline nella popolazione degli uomini violenti, soprattutto nei casi di violenza domestica verso le donne.

Come abbiamo precedentemente accennato, la violenza dei disturbi di personalità nasce nelle famiglie. Otto Kernberg afferma che i “bambini maltrattati sviluppano maggiore dipendenza dai genitori abusanti e tendono a riprodurre i rapporti di maltrattamento nell’ età adulta”.
Se tratto male mio figlio, l’insegnamento che gli trasmetto è che di fronte a problemi complessi, la violenza è il comportamento più adatto per alleviare lo stress. Se uso violenza su mia moglie, davanti ai miei figli, rischio di costruire persone che a loro volta maltratteranno le loro compagne.
Inoltre, un ruolo importante lo hanno le madri. Queste quando accettano che il figlio assista alle botte che prende dal compagno, lo mettono in contatto con la violenza come qualcosa di accettabile. Lo stesso accade quando le madri non difendono i figli che vengono abusati dai padri.

Le donne dei violenti

Da un punto di vista psicologico è anche importante guardare alle donne che, in alcuni casi, rimangono nella relazione violenta nonostante i soprusi. Queste donne sviluppano, nei confronti dei loro uomini, relazioni di dipendenza. Anche la dipendenza femminile da uomini violenti ha origine in famiglie nelle quali la violenza maschile è tollerata. Le ragazze che hanno padri violenti rischiano di divenire vittime di uomini violenti (Norwood). È importante che le donne imparino a riconoscere le situazioni rischiose e soprattutto a non sottovalutarle. Un uomo violento non cambia con l’amore di una donna, l’unica soluzione possibile per lui è prenderne consapevolezza e affrontare il problema con un percorso di psicoterapia. L’unica soluzione per la donna, invece, è quella di interrompere la relazione prima che sia troppo tardi.

FAMOSI RECENTI FEMMINICIDI
Il caso di Roberta Ragusa
Il delitto di Garlasco
Il caso di Elena Ceste

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