I ricordi sono una parte molto importante della nostra vita. Sebbene essi siano passati, la maggior parte di noi non vorrebbe farne a meno, a prescindere dalla loro natura. Nel corso degli anni, gli psicologi e le correnti più importanti nel panorama della psicologia, se ne sono interessati.
Possiamo modificare i ricordi?
Sigmund Freud paragonava i ricordi ad oggetti collocati nelle stanze di una casa.
Per Ulrich Neisser, uno dei padri del cognitivismo, solo una parte dei dati in entrata nel nostro cervello vengono rappresentati in memoria. Questi frammenti costituirebbero quindi la base sulla quale viene poi ricostruito l’evento passato.
Ci si chiede però, in quest’ottica, se sia possibile che l’unione di questi frammenti non sia sempre perfetta. Si possono generare dei ricordi non corrispondenti fedelmente alla realtà e condizionati dal contesto che rievoca il ricordo stesso?
L’esperimento di Loftus e Palmer
In uno studio condotto da Loftus e Palmer (1974) fu mostrato ad un gruppo di soggetti il filmato di un incidente automobilistico. In questo incidente due vetture entravano in collisione.
Successivamente ai soggetti, divisi in due sottogruppi, furono sottoposte delle domande. Al primo gruppo fu chiesto: “Qual era la velocità della macchina quando ha urtato l’altra?“, mentre al secondo gruppo: “Qual era la velocità della macchina, quando si è schiantata contro l’altra?”. Cambiava solo il verbo tra le due domande. Nel primo caso si utilizzò un verbo più “soft” mentre nel secondo caso venne utilizzato un verbo molto più forte e di impatto.
Le risposte dei soggetti
Il primo gruppo rispose circa 13 km/h mentre il secondo, quello del verbo “schiantarsi”, stimò l’impatto a circa 17 km/h. Questo dimostra quanto l’effetto di una domanda possa influire sulla risposta al momento del recupero mnestico.
Dopo una settimana, i soggetti furono convocati nuovamente per rispondere ad altre domande sull’incidente. Una delle domande poste fu: “Hai visto qualche vetro rotto?” (nel filmato non si vedevano vetri rotti). I soggetti a cui era stata chiesta la velocità nell’impatto usando il verbo “schiantarsi” furono significativamente più propensi a riportare di aver visto vetri rotti nella scena rispetto al gruppo con cui fu usato il verbo “urtare”.
Conclusioni
Ciò che è accaduto è dunque sorprendente. Dopo aver sentito il termine “schiantare” da parte dei ricercatori e dunque nella domanda posta per ricostruire il ricordo, i soggetti avevano ricostruito il loro ricordo in modo da renderlo coerente con l’idea di un incidente violento. Di fatto avevano prodotto inconsapevolmente un falso ricordo.
I ricordi possono essere dunque influenzati e distorti da vari fattori. Alcuni esempi sono rappresentati dalle domande poste, dagli obiettivi che ci prefiggiamo al momento in cui richiamano alla mente l’informazione, dalle credenze, dal carico emotivo che quell’evento comporta e dalle condizioni psicofisiche al momento della codifica e del recupero.
Per questo motivo i ricordi sono “nostri”. Nel momento in cui li immagazziniamo e ancora di più quando li elaboriamo e rievochiamo, ci mettiamo del nostro, anche senza volerlo.
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